Cozze per la Depurazione del lago d’Orta (molluschi bivalvi) sono largamente ed efficacemente utilizzate per la sorveglianza ambientale sia in ambito marino che per le acque interne di molti Paesi nel mondo. Ad esempio, dal 1986 tutte le aree costiere ed i grandi laghi del Nord America sono sorvegliate tramite il Programma “Mussel Watch” basato sull’uso delle cozze per rilevare più di 150 inquinanti inorganici (es. metalli pesanti) ed organici (DDT, pesticidi), e i batteri patogeni. Tutto questo interesse per le cozze deriva da alcune loro peculiari capacità: sono filtratori capaci di depurare acqua e fondali anche da sostanze tossiche; sono “bioaccumulatori” capaci di concentrare nei loro organi e nelle conchiglie le sostanze tossiche (anche se presenti in tracce); sono “biosensori” capaci di dare una risposta misurabile immediata all’immissione di inquinanti (es. variazione dell’apertura delle valve del guscio). Quindi, sono gli organismi ideali per migliorare l’attuale situazione del Lago d’Orta.
C.N.R. – Istituto per lo Studiio degli
Ecosistemi
Depuratori formidabili: nella foto soprastante l’acquario di sinistra, senza cozze, è molto più torbido di quello di destra.
Premessa
La storia del Lago d’Orta, e del suo catastrofico inquinamento, è tristemente nota a livello internazionale e a tutti gli abitanti dei Comuni che si affacciano sulle sue sponde. A partire dal 1926 prima gli scarichi Bemberg, poi quelli delle aziende galvaniche hanno avvelenato il lago tanto da renderlo inadatto ad ospitare qualsiasi forma di vita, con ricadute catastrofiche sul piano ambientale, turistico e sulla pesca professionale e dilettantistica. Solfati di rame e ammonio, zinco, nichel e cromo per decenni hanno inquinato le acque del Lago fino a che nel 1989 si intervenne con un piano di risanamento diretto, coordinato dal CNR di Verbania Pallanza. La tecnica utilizzata fu quella del “liming”, basata sull’utilizzo di carbonati che “intrappolarono” i metalli tossici nel sedimento, limitandone la concentrazione delle acque e ripristinando valori di pH accettabili per la vita. L’intervento ebbe grande risonanza internazionale: nessuno mai aveva prima di allora aveva provato a «guarire» un lago di così grandi dimensioni, oltre 18 kmq di superficie per un volume di 1,3 km3. Ma lo spettro venefico che aveva inquinato il Lago d’Orta per più di sessant’anni purtroppo non ha ancora lasciato le sue sponde. Per quanto il liming abbia sostanzialmente depurato dai metalli le acque del lago, ne ha però causato il peggioramento delle condizioni dei sedimenti. Infatti, i metalli “abbattuti” dall’aggiunta del carbonato di calcio sono andati ad aggiungersi ai quelli che nel tempo si erano accumulati nei sedimenti. Per effetto di questa situazione (acque pulite ma sedimenti sporchi) il Lago d’Orta presenta ancora oggi una comunità bentonica (ovvero quegli organismi che vivono sul fondale e che sostengono le comunità pelagiche, ergo i pesci) profondamente alterata. Un avvelenamento quindi che tuttora affligge il lago nelle sue profondità. Ma non solo. Influenze esterne (accesso di bagnanti e di barche, ingresso di acqua di ruscellamento, ondazione, etc.) possono infatti causare il continuo rimescolamento del sedimento stesso, facilitando il rilascio nell’acqua delle sostanze tossiche presenti nei sedimenti.
Recentemente, sono stati segnalati nuovi sversamenti di sostanze di natura ignota nei pressi di San Maurizio d’Opaglio. Queste segnalazioni hanno generato allarme per le condizioni (ancora instabili) del lago e per il timore di nuove fonti di inquinamento.
Quali soluzioni quindi per aiutare il ripristino di questo bacino così importante e caratteristico? L’idea è quella di utilizzare proprio un “abitante” del lago per risolvere la situazione. Si tratta del bivalve Unio elongatulus, una specie nativa e protetta che era scomparsa dal lago a causa dell’inquinamento, ma recentemente ritrovata nel 2014 a Gozzano. Un’idea green, un progetto di blue biotechnology per sfruttare quello che è il potere di autodepurazione intrinseca del Lago d’Orta. Vediamo gli obiettivi e le azioni che si propone il progetto nel dettaglio.
Unio elongatulus come appare nel suo ambiente naturale visibile nella foto principale del articolo: parzialmente affossata nel fondale, con le valve del guscio aperte quanto basta per la filtrazione dell’acqua. A sinistra, un animale fotografato nel fondale in prossimità del Lido di Gozzano.
Progetto RIS-ORTA: RIsanamento biologico dei Sedimenti del lago d’ORTA e biomonitoraggio attivo delle aree costiere.
OBIETTIVI e AZIONI DEL PROGETTO
Obiettivo 1: “Purificare” i sedimenti contaminati del Lago d’Orta
I bivalvi sono in grado di bio-accumulare sostanze tossiche, agendo quali filtri naturali. La loro efficienza è comprovata nei processi di de-contaminazione (depuratori naturali) che nei processi di “facilitazione” della ricolonizzazione da parte delle altre specie che compongono la “comunità” (in senso ecologico) bentonica (che vive a contatto con o nei sedimenti). È noto infatti come i bivalvi possano migliorare sensibilmente la qualità dei sedimenti nei quali vivono, favorendone l’ossigenazione e arricchendoli di sostanza organica (il “compost” dei fondali lacustri), giocando un ruolo fondamentale nella ricolonizzazione da parte di tutti gli altri organismi essenziali per il funzionamento dell’ecosistema.
Azioni per la realizzazione dell’obiettivo
Come detto precedentemente, vivere nei sedimenti del Lago d’Orta non è impresa facile, data la persistenza di metalli e sostanze tossiche incompatibili con la vita. Nonostante ciò, nel 2014 una piccola popolazione di U. elongatulus ha fatto la sua ricomparsa spontaneamente nella zona di Gozzano. Tali animali dimostrano una capacità eccezionale di resistere alle condizioni proibitive presenti nel fondale, dimostrandosi quindi adatte ad essere utilizzate in un sistema di biodepurazione. Il sistema verrà allestito traslocando, ovvero “spostando” esemplari da una popolazione “donatrice” a una zona in cui originariamente presenti, quella di Bagnera d’Orta, al fine di ripopolare le aree litorali e migliorare la qualità dei sedimenti. Il progetto rappresenterà il primo caso di traslocazione di bivalvi in Italia, e consentirà di stabilire il modus operandi da seguire in analoghe progettazioni future.
Obiettivo 2: Creare di un sistema di allarme precoce di inquinamento mediante biosensori.
I bivalvi sono ottimi biosensori (sono cioè sensibili agli inquinamenti e producono delle risposte facilmente misurabili all’immissione di sostanze tossiche) e bioaccumulatori (accumulano le sostanze tossiche anche se presenti in quantità molto diluite. Sono quindi utili come naturali sentinelle che possono costituire un segnale precoce qualora altre fonti di inquinamento e scarichi non autorizzati dovessero tornare a inquinare il lago. Il loro utilizzo si basa su entrambe queste loro caratteristiche: la misura delle loro risposte fornisce il segnale d’allarme; l’analisi degli inquinanti accumulati dagli animali che hanno dato l’allarme permette di verificare la presenza di sostanze tossiche. Poiché sono accumulatori, è possibile identificare gli inquinanti immessi nell’ambiente anche quando la loro concentrazione è tanto bassa da non potere essere misurata nell’acqua con i metodi comunemente usati.
Azioni per la realizzazione dell’obiettivo
Il sistema di biomonitor verrà realizzando mediante posa di gabbie appositamente progettate e contenenti bivalvi, in stazioni dislocate lungo il perimetro del lago (Omegna, Pettenasco, Orta, Gozzano, Pella). Periodicamente, verranno valutate le risposte comportamentali (es. apertura/chiusura valve) e lo stato di salute degli individui. In caso di risposta comportamentale anomala (valutata rispetto a individui sani cresciuti in laboratorio), si provvederà all’ispezione della gabbia in allarme e alla contestuale raccolta di campioni d’acqua e/o prelievo di organismi dalla gabbia per analisi chimiche, in modo da determinare l’inquinante che ha determinato la risposta dei bivalvi. Indipendentemente dalla risposta comportamentale, dalle gabbie verranno prelevati 3 animali/gabbia ogni 6, 12 e 18 mesi dalla posa degli animali per l’analisi dei metalli (tessuti molli e gusci) e del tasso di accrescimento.
Obiettivo 3: Citizen Science e promozione del Lago d’Orta a livello internazionale
A livello internazionale, il Lago d’Orta è purtroppo noto come esempio delle conseguenze negative estreme del suo inquinamento. Grande risonanza ha avuto l’esperimento di risanamento mediante liming, ma il taglio dei finanziamenti ha purtroppo interrotto il recupero del bacino. Il presente progetto si propone quindi di recuperare e continuare quel processo virtuoso. Catalizzando le risorse e le competenze locali e rispondendo alle necessità dei comuni rivieraschi, esso propone un approccio biologico che fornisce soluzioni a basso costo ma anche efficaci sia sul piano ambientale, sia sul piano turistico-venatorio. Una soluzione green, che non prevede nessun impatto ambientale ma, anzi, sfruttando il potere della biodiversità fornisce gli elementi per promuovere le capacità intrinseche del sistema lago di autorisanarsi. Uno degli obiettivi del progetto sarà quindi lo sviluppo di una comunità attiva e partecipativa alle problematiche del lago e alle soluzioni proposte. Inoltre, grazie al contributo di esperti internazionali, il Lago d’Orta verrò promosso in Italia e all’estero come avanguardia nelle moderne blue bioremediation technologies.
Azioni del progetto.
L’obiettivo verrà realizzato sviluppando diverse strategie comunicative (materiale promozionale, serate divulgative, coinvolgimento dei volontari nelle azioni di monitoraggio, comunicazione tramite social media). Numerose pubblicazioni divulgative e scientifiche in ambito nazionale e internazionale verranno realizzate per portare all’attenzione dei media e della stampa i progressi raggiunti nello svolgimento del progetto. Una mostra in italiano e in inglese riguardante la storia del Lago d’Orta e delle azioni di bonifica intraprese nel corso degli anni verrà realizzata ed esposta presso l’Ecomuseo, per far conoscere anche ai turisti questo straordinario processo unico al mondo.