Cardiologi, neppure gli atleti olimpici fanno eccezione
Quando riguardano personaggi famosi come il calciatore Davide Astori fanno notizia, ma in realtà le cosiddette morti improvvise, con cause sconosciute che spesso sfuggono anche a controlli rigorosi, sono 50-70mila l’anno in Italia. A determinare l’arresto cardiaco possono essere problemi congeniti che colpiscono il cuore, spiegano i cardiologi, ma anche un’emorragia interna o cerebrale. Anche negli atleti olimpici, secondo uno studio del 2015 dell’Istituto di Medicina dello Sport del Coni, possono nascondersi patologie cardiache.
La ricerca ha analizzato i test effettuati dall’istituto tra il 2002 e il 2014 su oltre 2300 atleti italiani probabili olimpici. Gli atleti di 31 discipline estive e 14 invernali sono stati sottoposti all’elettrocardiogramma sotto sforzo e a riposo ma anche all’ecocardiogramma. Il risultato è stato che su 171 soggetti sono state trovate anomalie cardiache, in 6 casi talmente gravi da determinare l’esclusione dalle competizioni, mentre gli altri hanno continuato a gareggiare ma sotto stretto controllo medico. Gli sportivi, spiega Valerio Sanguigni, cardiologo dell’università Tor Vergata di Roma, non fanno eccezione, e rientrano nei 50-70mila casi di morte improvvisa che si verificano ogni anno, di cui circa mille sotto i 35 anni. “I controlli in Italia sono tra i migliori al mondo – precisa – ma ci sono patologie che sfuggono, anche molto rare. Come la displasia aritmogena del ventricolo, una cardiopatia congenita in cui il cuore e coronarie appaiono sani ma ci sono alterazioni che possono scatenare un attacco. Purtroppo le aritmie cardiache sono imprevedibili, non è vero che avvengono sempre dopo uno sforzo. Inoltre di notte le frequenze cardiache negli atleti professionisti scendono molto, anche sotto i 40, e questo è un fattore che può scatenare le aritmie”. Problemi che possono verificarsi a qualsiasi età.
“Questo caso rientra nei rischi di arresto cardiaco che ci sono nella popolazione generale, incluse le fasce più giovani – afferma Leonardo Calò, docente dell’università del Foro Italico e primario di cardiologia del Policlinico Casilino di Roma. Le percentuali sono basse, ma l’epidemiologia prevede una serie di malattie genetiche latenti e sconosciute che sfuggono anche ai controlli che fa uno sportivo professionista”. L’arresto cardiaco, precisa, è l’atto finale di diverse patologie. “Ci può essere un’embolia polmonare, un vaso cerebrale rotto o una anomalia del ritmo cardiaco, fino a che non succede un evento grave però non emergono, e in molti casi rimangono inspiegate, anche se l’autopsia dà spesso indicazioni”.