La sanità è in continuo divenire con l’obiettivo di ridurre l’onere dei ticket a carico degli utenti. Informare i medici sulla non utilità di alcuni provvedimenti diagnostici e terapeutici che non solo aumentano i costi, ma rischiano di essere dannosi.
Manovra: sanità e ticket nel mirino. Più vantaggi alle famiglie
Sanità pubblica | Redazione DottNet | 09/10/2017 20:54
Verso la proroga della cedolare casa. Arriva anche l’Ape rosa
Una riduzione graduale e, soprattutto, selettiva. Sarebbe questa la via che il governo sta studiando per tenere fede all’impegno di eliminare, nel prossimo triennio, il cosiddetto superticket mantenendo la misura sostenibile. Le risorse per la prossima manovra, infatti, restano limitate e le voci di copertura individuate finora – dai tagli di spesa alla fatturazione elettronica tra privati, passando per la rottamazione bis delle cartelle e delle liti, o per la web tax – sono già tutte impegnate per finanziare i tre pilastri della legge di Bilancio, decontribuzione per spingere l’occupazione giovanile, investimenti pubblici e privati e lotta alla povertà.
A meno di non mettere mano alle tax expenditures – come suggerisce più di qualcuno in Parlamento – la coperta, insomma, rimane corta. E le misure ancora da finanziare moltissime. A partire, appunto dallo stop ai 10 euro a ricetta su diagnostica e specialistica applicato in molte Regioni (anche se con diverse gradazioni) che quando era stato attivato nel 2011 valeva 834 milioni. Sul piatto potrebbe esserci una riduzione di almeno il 10% di questa cifra, da modulare, però, in modo articolato, o eliminando il superticket su alcune tipologie di prestazione su cui oggi è applicato, oppure intervenendo sulle caratteristiche dei pazienti (ad esempio età, o patologia, o ancora fascia di reddito), in modo comunque da uniformare l’intervento che invece è diversificato da regione a regione.
Possibile, se il lavoro tecnico non sarà ultimato, che la misura arrivi nel corso dell’iter parlamentare della legge di Bilancio mentre le Regioni, per voce del coordinatore degli assessori regionali alla sanità Antonio Saitta, chiedono di essere coinvolte nell’elaborazione della misura. Il testo base, invece, potrebbe già includere un’altra delle richieste arrivate dalla maggioranza, quella di fare qualcosa di più per le famiglie. Oltre ai 600 milioni per il nuovo reddito di inclusione (o all’interno di questo budget), il governo dovrebbe innalzare la soglia entro la quale i figli restano a carico dei genitori anche se lavorano.
La soglia di reddito dei figli che consente ai genitori di usufruire comunque delle detrazioni è rimasta infatti quella vecchia fissata in lire, 5 milioni di lire tradotti in 2.840 euro, e potrebbe essere alzata attorno ai 4mila euro, cifra entro la quale rientrano ad esempio i ‘lavoretti estivi’ o part time. La misura costerebbe poche decine di milioni e potrebbe essere potenziata quando si tratta di famiglie numerose. Sempre nel testo della manovra, che il governo dovrebbe varare tra il 15 e il 16 ottobre, dovrebbe già comparire la proroga per la cedolare secca al 10% sugli affitti abitativi a canone concordato mentre è più incerto, perché molto costoso, il suo ampliamento agli affitti commerciali.
Tra le novità dell’ultima ora potrebbe anche arrivare un ritocco ai requisiti per l’accesso all’Ape social che agevoli le donne. Per quello che è stato ribattezzato l’ape ‘rosa’, si dovrebbe prevedere uno ‘sconto’ di 6 mesi per figlio, per un massimo di 2 anni, così come prospettato dal governo al tavolo con i sindacati, che invece chiederebbero un intervento molto più incisivo. Il ministro Poletti aveva annunciato un nuovo incontro per fare un punto dopo l’approvazione della nota di aggiornamento al Def. Una data ancora non c’è ma dal ministero del Lavoro assicurano che questo nuovo round di confronto ci sarà. Tutta politica infine l’eventuale scelta di rinviare almeno alla prossima primavere – quindi alla nuova legislatura – la decisione sull’adeguamento automatico all’aspettativa di vita dell’età pensionabile, che dovrebbe passare a 67 anni dal 2019.
Tac selvaggia e cure aggressive, ecco le dieci procedure inutili
L’elenco dei trattamenti inappropriati e dannosi per pazienti e sanità
C’è la prescrizione indiscriminata di antibiotici, che oltre ad essere dannoso per i pazienti rappresenta uno spreco enorme di risorse economiche, ma anche la tac usata indiscriminatamente, e persino gli interventi di rimozione dei tumori alla prostata. A mettere in fila le dieci pratiche più inappropriate negli ospedali, che qualche volta sono solo fonte di danni economici ma in altri casi aumentano i rischi per il paziente, è stata l’università del Maryland, in uno studio pubblicato dalla rivista Jama Internal Medicine che mette l’accento su un problema che secondo alcune ricerche può riguardare addirittura un quarto delle procedure.
I ricercatori hanno analizzato oltre 2200 articoli pubblicati nel 2016 relativi a procedure utilizzate inappropriatamente, identificando i dieci ritenuti più importanti per il potenziale impatto sulla pratica clinica. A finire nella classifica sono stati l’ecocardiografia transesofagea, una tecnica diagnostica complessa che può essere sostituita da test più semplici; l’angiografia polmonare Tac, sempre più usata nei pronto soccorso ma che ha alternative meno rischiose; la tomografia computerizzata usata su pazienti con sintomi polmonari lievi, che li espone a radiazioni inutili senza aggiungere benefici al paziente. Addirittura, sottolinea lo studio, fino al 2% di tutti i tumori diagosticati negli Usa potrebbe derivare da questo tipo di radiazioni; l’ecografia della carotide, che nel 90% dei casi è usata inappropriatamente; il trattamento aggressivo del cancro alla prostata, per cui sarebbe meglio un approccio più cautelativo che non cambia la mortalità ma diminuisce gli effetti collaterali; l’ossigeno dato a pazienti con broncopneumopatia cronico ostruttiva ma deficit moderato, che uno studio ha dimostrato non dare nessun beneficio; gli interventi sulle rotture del menisco nei casi di osteoartrite, a cui andrebbe preferito un approccio più conservativo basato sulla riabilitazione; il supporto nutrizionale ai pazienti gravi, che non cambia l’esito della malattia; l’uso indiscriminato di antibiotici; l’uso di tecniche di imaging sul cuore, triplicati negli ultimi anni anche per pazienti a basso rischio1.
“Troppo spesso – afferma Daniel Morgan dell’università del Maryland, l’autore principale -, i medici non si basano sulle ultime evidenze scientifiche. Speriamo che questo studio sensibilizzi sui trattamenti sovrautilizzati”. Il tema, sottolineano gli stessi autori, è molto dibattuto negli ultimi anni, e si iniziano a fare le prime stime sul costo della ‘medicina sbagliata’, in un momento in cui tutti i sistemi sanitari sono alle prese con problemi economici. Secondo una serie di articoli sul tema pubblicati dalla rivista Lancet, ad esempio, addirittura un quarto delle procedure mediche utilizzate comunemente è inefficace o comunque superfluo. Anche secondo un recente rapporto Ocse una percentuale considerevole della spesa sanitaria, che può arrivare a un quinto, è inappropriata, e potrebbe essere ‘liberata’ a favore di procedure più utili.